Comiso (Ragusa), cadavere mummificato di anziana nascosto in casa da mesi dal figlio
Il cadavere mummificato di un'anziana è stato trovato in un'abitazione di Comiso (Ragusa). La donna viveva con il figlio, un infermiere in servizio nell'ospedale del paese. Il cadavere è stato scoperto dalla polizia. I poliziotti sono intervenuti dopo una segnalazione di un furto in casa e, una volta giunti, hanno identificato il titolare dell'appartamento in questione, un infermiere di 58 anni. L'ispezione dei locali ha permesso agli agenti di trovare in una camera da letto il cadavere della donna, di 96 anni, in avanzato stato di decomposizione.
Era stato proprio l'uomo, davanti all'ingresso dello stabile, a sostenere di avere sentito rumori in casa e di temere che ci fossero dei ladri. I vicini di casa hanno così chiamato la polizia, ma quando gli agenti sono arrivati, hanno trovato il corpo.
Il figlio ha spiegato che la salma era quellq della madre, morta nel marzo del 2023 per cause naturali, elementi confermati dal medico legale. L'uomo è stato deferito alla Procura di Ragusa per occultamento di cadavere e truffa aggravata. Ai vicini aveva raccontato, nei mesi precedenti, che la madre si trovava in una struttura per anziani, o che era stata ricoverata in ospedale. Qualcuno, mesi fa, aveva sentito cattivi odori, attribuiti ai bagni chimici di un'impresa edile installati proprio nella zona. Invece, al piano terra dell'abitazione, nella stanza da letto ad angolo dello stabile, c'era il cadavere della donna.
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Roma, 36enne ai domiciliari per stupro evade e violenta un'altra ragazza
Un cittadino peruviano di 36 anni, arrestato e posto ai domiciliari per aver stuprato una ragazza immagine di 20 anni nei pressi di una discoteca a Roma, è evaso la sera stessa e ha violentato un'altra giovane che aveva conosciuto in un locale da ballo. L'uomo, conosciuto nelle discoteche romane come promoter e impresario di ragazze immagine, è stato nuovamente arrestato e portato in carcere. L'ultima violenza sarebbe avvenuta, dunque, mentre il 36enne doveva restare agli arresti domiciliari in attesa che gli venisse applicato il braccialetto elettronico per il controllo a distanza.
L'uomo, accusato di uno stupro avvenuto la notte tra l'11 e il 12 ottobre scorso ai danni di una giovane in una discoteca nella zona Tiburtina, era stato arrestato su richiesta della Procura della Capitale il 23 gennaio. Il 36enne non ha rispettato i domiciliari e, approfittando anche della indisponibilità del braccialetto elettronico, si è allontanato da casa. Dopo aver raggiunto un locale nella zona di viale Marconi avrebbe preso di mira una altra ragazza che lo ha denunciato per le molestie. Da qui la nuova misura cautelare questa volta con effetto più coercitivo.
L'episodio denunciato dalla seconda giovane è avvenuto a circa tre mesi dal primo. In quel caso la vittima, che conosceva l'uomo da circa tre anni, era stata ingaggiata per lavorare per lui come ragazza immagine. Quella tra l'11 e il 12 ottobre era per lei la prima serata in un nuovo locale in zona Tiburtina. Ma le cose sarebbero andate diversamente da come aveva immaginato. La ventenne sarebbe stata prima drogata e poi abusata in un parcheggio vicino alla discoteca dal pr che le aveva offerto quel lavoro. L'uomo le avrebbe offerto prima un bicchiere di prosecco poi un altro drink da bere "tutto in un sorso". Dopo averlo bevuto la vittima avrebbe iniziato a barcollare e a non ricordare più nulla.
È stata la madre della giovane, intorno alle 3.45, preoccupata a uscire in piena notte per cercare di incontrarla. Quando l'ha raggiunta li ha visti entrambi scendere dall'auto: lui l'ha salutata in modo cordiale mentre lei era disorientata e barcollava. Il giorno dopo la ventenne accusava dolori e non ricordava molto della serata. Si è recata in ospedale dov'è scattato l'allarme. Avrebbe quindi iniziato a ricordare quello che era successo e ha formalizzato la denuncia alla polizia. Sono state avviate indagini, anche attraverso accertamenti sul Dna, e il 23 gennaio è scattato l'arresto.
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Verona, 15enne morta per presunta overdose: "Una donna l'ha venduta agli spacciatori"
Un'esistenza complicata, difficile, con un pesante vissuto, nonostante la giovanissima età. Nora è morta a 15 anni, l'hanno trovata senza vita i Carabinieri il 31 gennaio a San Bonifacio (Verona) in un appartamento abbandonato dell'Ater, l'azienda regionale di edilizia popolare. Attorno a lei il degrado totale. Sola e abbandonata, ma per mano di chi è morta Nora? Lo chiedono i familiari e gli amici della ragazzina, che risulta dai loro racconti avere avuto i primi contatti con il mondo della droga a soli 12 anni. Luciana, la mamma della ragazza, rilancia i dubbi e le accuse manifestati durante il presidio organizzato domenica pomeriggio a Verona davanti alla stazione di Porta Nuova, per chiedere verità e giustizia, sostenendo che in questa tragedia ci sono ancora molti punti oscuri.
Indagato un 30enne tunisino Attualmente sul registro degli indagati è iscritto un 30enne tunisino, per il reato di morte come conseguenza di altro reato. Nell'appartamento dov'è morta Nora sono stati trovati i suoi documenti, ma di lui nessuna traccia: è irreperibile. "Mia figlia era talmente ingenua che si fidava, anche di persone di cui non si sarebbe dovuta fidare. A San Bonifacio non è quasi mai andata, forse due volte. In quella casa è entrata per la prima volta" ha spiegato la mamma. L'autopsia eseguita nei giorni scorsi all'Istituto di medicina legale del Policlinico di Verona non ha ancora chiarito le cause della morte; sul corpo di Nora non c'erano tracce di violenza e il risultato degli esami tossicologici, previsto tra un paio di settimane, potrà confermare l'ipotesi di una morte per overdose, forse in seguito a un mix di droghe.
L'appello di familiari e amici Ma l'ombra dello sfruttamento e di una morte forse causata da chi si è approfittato di una ragazzina che evidentemente aveva delle fragilità è stata ribadita dagli amici e dalla stessa madre: "La facevano prostituire e in cambio dei soldi le davano una dose di cocaina, ma l'eroina non l'ha mai toccata". Anche un'amica ha lanciato accuse contro una donna brasiliana che le avrebbe accompagnate proprio in quell'appartamento a San Bonifacio per partecipare a una festa: "Nora si fidava di lei, una brasiliana che l'ha venduta a un criminale e l'ha fatta morire. Io avevo trascorso una serata con loro e avevano cercato di stuprarmi, ma sono riuscita a liberarmi". "Nora era una brava ragazza - ha aggiunto - non meritava di fare quella fine". Familiari e amici hanno chiesto di "indagare su chi possa avere contribuito a uccidere Nora".
I funerali a Verona Al presidio a Verona è intervenuto anche don Antonio Coluccia, il sacerdote salentino fondatore dell'Opera San Giustino, che da anni vive sotto scorta per la sua battaglia contro le infiltrazioni mafiose a Roma e contro il racket della droga. "La droga è un bluff, la droga non dà futuro e ruba i sogni" ha detto don Coluccia. Intanto dalla Procura di Verona è arrivato il nulla osta per i funerali che dovrebbero essere celebrati domani nella moschea di Verona.
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